Cinque buoni motivi per non fare network marketing? Risposta.

Gira un articolo sul web dal titolo “Cinque buoni motivi per non fare network marketing“, che sembra scritto da qualcuno che ha avuto la sfortuna di capitare dentro uno schema piramidale, e ne è rimasto parecchio scottato:

https://www.leocascio.com/marketing/cinque-buoni-motivi-non-network-marketing/

Ma network marketing e schemi piramidali sono due discipline nettamente diverse, e te lo dimostrerò rispondendo punto per punto alle sue affermazioni.

Cos’è il network marketing

Partiamo subito malissimo con la frase:

Per questo ho deciso in questo lungo post di prendermela con la branca del marketing che secondo me ingloba il peggio di quanto il marketing possa offrire: il “Network Marketing”.

Primo errore. Il network marketing non è una “branca” del marketing.

E’ un modello di business.

Che presuppone la vendita diretta di un prodotto o servizio, da un’azienda ad un cliente finale, attraverso un incaricato alla vendita indipendente, saltando tutti gli intermediari della piccola e grande distribuzione.

Incaricato alla vendita che è un venditore, e non per forza un marketer.

Tantissimi networker di successo sono ottimi venditori, ma pessimi marketer.

Marketing e vendita sono complementari, ma sono sport diversi.

Lo spiego meglio qui.

Per usare invece una definizione a me più cara:

il network marketing è un modello di distribuzione delle provvigioni, in cui guadagni sia dalle tue vendite dirette, sia dalle vendite indirette, ovvero quelle vendite effettuate da venditori che recluti tu, a cui tu insegni a vendere e a reclutare.

La legalità delle aziende di network marketing.

“Infatti pur non escludendo che possano esistere aziende MLM che operano legalmente (soprattutto le più anziane), il problema è che sono una goccia nel mare!”

Secondo Errore. Le aziende di network marketing esistenti nei soli Stati Uniti sono oltre un migliaio.

Più di 1000.

Più.

Di.

Mille.

In Italia ne esistono oltre duecento, e quelle che operano in maniera illegale, sono sono qualche decina nel mondo.

Inoltre, quelle illegali nascondono schemi piramidali, e spesso nemmeno le sedi e le licenze necessarie per operare nella vendita diretta in Italia.

In pratica, sono truffe travestite da network marketing.

Definire tutte truffe, sarebbe come definire truffatori tutti i formatori di marketing e vendita, solo perchè effettivamente tra loro si possono incontrare ciarlatani, cialtroni e sedicenti esperti.

Sai quante aziende di network marketing regolarmente registrate in Italia (con regolare registrazione in questura dei propri incaricati), si sono poi rivelate schemi piramidali?

Se ne contano poco più di una decina in Italia, come da provvedimenti AGCM, in oltre 20 anni.

Meno del 10%.

Basta quindi il 10% ad infamare un’intera categoria?

La maggior parte delle aziende rivelatesi truffe, frodi o schemi piramidali, di “network marketing” non avevano che il nome.

Al limite, si spacciavano per aziende del settore, ma su quello ci possiamo fare poco.

Chiunque può svegliarsi e dichiararsi qualcosa che non è.

Ma definirsi tale non vuol dire che lo sia davvero.

Per fare un esempio recente: molti schemi piramidali che mirano a truffare con il trading, il Forex, le cripto o gli NFT, si spacciano per network marketing.

Ma nessuna di loro ha sede in Italia, né possiede le licenze obbligatorie per operare nella vendita diretta.

Le aziende senza licenza sono illegali a prescindere, che si promuovano o meno come “network marketing”.

Ciò non rende tutte le aziende di “network marketing” delle truffe, solo perchè tante truffe si spacciano per “network marketing”.

Quanti medici senza nemmeno la laurea sono stati scoperti, e condannati, negli anni? Tanti.

Un esercito.

Questo fa di tutti i medici dei truffatori?

Imprenditori di sé stessi?

1) Il networker è imprenditore di se stesso: falso! Secondo la mia esperienza molti networker si appropriano dell’idea per cui fare network marketing equivalga ad essere liberi imprenditori. In realtà questo è un falso mito: i networker (con l’eccezione, ovviamente, di chi dirige l’azienda e degli eventuali soci) non sono imprenditori ma venditori alle “dipendenze” di un’azienda madre (e tra l’altro senza percepire uno stipendio!). Non sono quindi affatto totalmente liberi e tutelati come invece viene spesso proferito.

Qua ci sono poche idee ma confuse.

Se è vero che che il networker è un venditore, è anche vero che non è un dipendente, altrimenti avrebbe uno stipendio fisso mensile garantito.

Il networker è quindi un libero professionista che come tale, guadagna provvigioni da un’azienda che le fa da fornitore, da magazzino.

Il networker è un collaboratore esterno.

Esattamente come qualunque venditore a provvigione.

Ed esattamente come qualunque venditore che voglia diventare ricco con la vendita, come spiego nel mio manuale, deve lasciare perdere la mentalità da dipendente, e iniziare a pensare da imprenditore, creando una ditta nella ditta.

Inoltre, trovo alquanto ingenua la frase:

Come la mettiamo infatti se l’azienda per cui lavorano chiude senza preavviso, senza pagare le commissioni maturate (fatto molto frequente)? Oppure cede le quote ad un’altra azienda? O si fonde con un’altra ancora?

Accade lo stesso che accadrebbe ad un venditore o ad un imprenditore, se il suo fornitore chiudesse per fallimento, o cedesse le quote ad un’altra azienda, etc.

Dovrebbe dire addio ai guadagni futuri, a quelli passati non ancora incassati, e chiamare un avvocato.

Esattamente come accadrebbe ad un qualunque agente di commercio, o ad un imprenditore che venda in conto vendita per uno o più fornitori.

Probabilmente chi ha scritto quell’articolo pecca non solo di ingenuità, ma non ha mai avuto un’azienda, o una libera professione, altrimenti lo saprebbe che il rischio di non essere pagato fa parte della libera impresa.

Si chiama rischio di impresa, non a caso.

 (a proposito, tempo fa scrissi a Marco Montemagno, e lui stesso mi rispose ringraziandomi per la segnalazione, perché un networker senza scrupoli aveva rubato un paio di suoi video motivazionali e li aveva ricaricati su YouTube aggiungendo i classici link di iscrizione alla loro “catena”; se questo non è un gesto delinquenziale poco ci manca!).

Cosa dovrebbe dimostrare questa frase? Che come in qualunque professione, esistono i delinquenti e gli improvvisati? O si vuol fare di ogni erba un fascio?

Per giunta Marco Montemagno è finito sotto i riflettori per aver venduto NFT che hanno fatto flop, e addirittura per aver promosso una cripto-truffa, come segnalato dall’esperto Calzolari:

Insomma, il bue che da del cornuto all’asino…

Nel testo dell’articolo, segue poi un paragrafo che ho faticato a comprendere, in cui l’autore parte dall’errato presupposto che “direct marketing” e “vendita diretta” siano sinonimi, confondendo di nuovo marketing e vendita, che NON sono la stessa cosa.

Nel paragrafo successivo,

2) Il network marketing è una concreta opportunità di guadagno: falso!

L’autore fa di nuovo di tutta l’erba un fascio, criticando l’operato di alcuni soggetti sui Social, definiti da lui “guru della comunicazione”.

Ora, l’autore forse ignora che in Italia esistono 2 milioni di incaricati alla vendita regolarmente registrati, che non si vendono come Guru, e non fanno nessuna delle cose da lui menzionate come esempi.

Però è vero che alcuni soggetti agiscono in maniera errata, spesso per ignoranza, ed è il motivo per cui esistono divulgatori come me, e formatori vendita anche per i networker.

Ma anche qui, prendere ad esempio i pochissimi, per screditare tutti, è solo un esercizio retorico che lascia il tempo che trova.

E non è nemmeno un comportamento che definirei etico. Ma tant’è.

L’autore fa cherry picking di singoli casi, e vorrebbe spacciarli per comportamenti tipici.

Basta ricordare che in Italia esistono oltre 200 aziende di network marketing attive, e meno di una decina risultano essere state sanzionate dall’AGCM per comportamenti vicini alla truffa o allo schema piramidale.

Io sono il primo a segnalare le truffe travestite da network, ma generalizzare è da ignoranti.

Fra le aziende più prestigiose che operano come network (qui trovi la lista completa), ricordiamo fra le altre la Nims, appartenente al gruppo Lavazza, che distribuisce macchine da caffè in comodato d’uso.

Chissà se avrebbe il coraggio di dare dei truffatori alla Lavazza, così a cuore leggero, e di affrontare poi i loro uffici legali.

 

Insomma, da quanto detto fino ad ora, capirai che non ha senso continuare l’esame dell’articolo in questione.

Che non è altro che una serie di deliri e luoghi comuni che dimostrano non solo la scarsa conoscenza da parte dell’autore dell’argomento “network marketing”, ma anche di “marketing & vendita”, spesso confuse come se fossero sinonimi.

Probabilmente l’autore è rimasto scottato, per evidente ignoranza del settore, del marketing e della vendita in generale, da uno schema piramidale, a tal punto da sentirsi in diritto di screditare l’intero settore, anziché sporgere denuncia alla polizia postale, come vittima di un raggiro.

Se vuoi sapere davvero cos’è il network marketing, parti da qui.

Il vero problema.

Il problema vero non è che il network marketing sia “tutta una truffa”.

Il problema è che gli italiani adorano l’idea dei soldi facili, e quindi amano ficcarsi negli schemi piramidali, nelle truffe e nelle catene di Sant’Antonio.

Sai cosa invece non amano affatto? Lavorare.

Ecco perchè quei pochi schemi piramidali spopolano, mentre le aziende serie restano nell’ombra.

Se poi ci aggiungi che le aziende serie in Italia non sanno fare marketing, non sanno pubblicizzarsi né promuoversi, capirai com’è più facile finire davanti e cadere dentro una truffa che ti è stata presentata da un amico o da un parente o da un collega d’ufficio, piuttosto che essere reclutato come venditore per un’azienda seria.

Antonio Russo
 

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